L'Autunno secondo Valerio P.Cremolini
L'amico Cremolini ha voluto regalarci questo
excursus sull'Autunno visto con gli occhi degli
artisti, non solo pittori, che hanno trovato in
questa stagione ricca di contrasti cromatici,
l'ispirazione per le loro opere.
Buona lettura
L’autunno dei poeti e dei pittori
Personalmente non saprei dire quale delle quattro stagioni sia la mia preferita. Tutte mi suggeriscono pensieri spontanei. Senza dimenticare che anch’esse sono contagiate da una sorta di pazzia in quanto certe giornate invernali sembrano primaverili, giornate autunnali sembrano estive o invernali. Ovviamente tale situazione è reciproca. Gli esempi che riguardano la loro assidua variabilità sono numerosi e rientrano nell’ambito del mutamento climatico che investe la Terra. Per taluni, poi, il cambiamento delle stagioni causa effetti fisiologici, talvolta non trascurabili. Più semplicisticamente sembra che le stagioni amino emularsi l’una con l’altra ed allora non ci si raccapezza più.
Devo dire sull’autunno. I suoi colori compongono una tavolozza davvero speciale. All’autunno sono riferiti cieli tersi, così sono l’aurora ed il crepuscolo, ma anche grigi. Inoltre la natura incanta. Quante volte abbiamo raccolto manciate di foglie di svariate dimensioni e forme rimanendo stupiti dalla pacatezza delle sfumature del giallo, del rosso, del verde, ecc. L’animo romantico di poeti, pittori e musicisti ha accolto tale visione come momenti di profondo esame interiore e di spinta alla creatività, feconda e stimolante. Poi, l’equilibrio che si riconosce all’autunno dovrebbe coinvolgere positivamente noi tutti.
È comune evocare nell’autunno una metafora della vita, in cui la giovinezza svanisce e ci si avvicina ad un tempo realisticamente invernale: quello della vecchiaia. Scrive però il cardinale Gianfranco Ravasi che “come per l'autunno, ci sono segni di fascino e di bellezza anche in questa fase dell'esistenza c'è una lezione di vita da offrire. È ridicolo – ammonisce - tentare di vestirci come la primavera, ossia imitando i giovani, oppure ritenendo di essere in piena estate, come se si fosse gli adulti maturi ed efficienti di ieri. Bisogna, invece, essere se stessi, capaci di riflessione e di quiete, pronti ad accogliere e a vivere questa stagione tenue e delicata”. (Avvenire, 22/09/2005). Le stagioni passano, l’autunno anticipa l’inverno e così, giorno dopo giorno, si rinnova il dualismo “maturità-vecchiaia” pertinente a ciascuno di noi Non parlerò in quanto non ne posseggo la competenza adeguata sul concerto in Fa maggiore per violino, archi e clavicembalo dedicato da Antonio Vivaldi (1678-1741) all’Autunno e compreso nelle Quattro stagioni. L’amico scultore Fabrizio Mismas potrebbe intrattenerci lungamente sul festoso allegro iniziale, che evoca, tra l’altro, il gioviale rito della vendemmia, celebrato da non pochi poeti.
Inizio il mio percorso sull’autunno di alcuni poeti con il clima sereno che avvolge la vita normale di San Martino, ameno e profumato quadretto di Giosuè Carducci (1835-1907), nonché appropriata sintesi delle varie età della persona: l’infanzia, la giovinezza, la maturità “autunnale” e, infine, il “vespero migrar” verso la fine della vita. Il primo italiano Nobel della Letteratura (1906) offre uno straordinario equilibrio compositivo nell’evocare in questo “piccolo capolavoro”, così è considerato, un’intima e realistica visione delle giornate autunnali, che la poetessa americana Emily Dickinson (1830-1886) avvertendo la fine della stagione estiva (L’estate è finita) le accoglie “per non essere antiquata” indossando “un gioiello”.
Salvatore Quasimodo (1901-1968), altro Nobel della Letteratura (1959), figura centrale dell’ermetismo, invita alla riflessione interiore, molto consueta nei poeti, nella brevità della lirica Già la pioggia è con noi, sostando sul tempo, che passa inesorabilmente (“Ancora un anno è bruciato/senza un lamento, senza un grido/levato a vincere d’improvviso un giorno”).
Così Paul Verlaine (1844-1896), esponente della corrente decadente-simbolista trasferisce in Violini d’autunno la tristezza del suo cuore associandolo al simbolo della foglia morta, trascinata, come lui “nel vento ingrato/che mi porta/ “di qua e di là”. Anni prima Giacomo Leopardi (1798-1837) coglie la medesima fragilità nella poesia La foglia morta (“Seco perpetuamente/vo pellegrina e tutto l'altro ignoro”.) e con lei quella dell’intera umanità, travolta dal corso ineluttabile della natura. Per il poeta di Recanati la poesia è “voce del cuore e dell’anima, è espressione integrale della persona” (G.Ferroni) e quello leopardiano è un autunno silenzioso dai contorni angoscianti. Di tutt’altro respiro è la sensazione della foglia per la poetessa Ada Negri (1870-1945), che ai miei tempi s’incontrava già nelle scuole elementari, in Pensiero d’autunno. Le foglie “tremano, sì, ma non di pena: è tanto/limpido il sole, e dolce il distaccarsi/dal ramo, per congiungersi alla terra”.
Il paesaggio autunnale, paesaggio dell’anima, non è turbato, nemmeno dall’inevitabile distacco dalla vita, tanto che la poetessa lombarda paragona l’agonia del fine vita ad una “mite aurora”, che ci condurrà ad abbracciare l’amore di Dio. In Soldati Giuseppe Ungaretti (1888-1970) recupera la precarietà della foglia, sbattuta dal vento autunnale, che muore, analogamente al soldato colpito a morte (“Si sta come/ d'autunno/sugli alberi/le foglie”).
Includo nella parentesi poetica sull’autunno, consapevole di averla drasticamente limitata, le poesie Autunno e Ottobre di Vincenzo Cardarelli (1887-1959), intrise di tenerezza e di malinconia. L’autunno è anticipato nel “vento d’agosto”, nelle “piogge di settembre/torrenziali e piangenti” e da “un sole smarrito”, accolto dalla terra “nuda e triste”. Scrive Cardarelli in Ottobre che “Niente più mi somiglia,/nulla più mi consola,/di quest'aria che odora/di mosto e di vino,/di questo vecchio sole ottobrino/che splende sulle vigne saccheggiate”. La mestizia, ci dice Cardarelli in tono colloquiale, imprime la stagione autunnale, non diversamente dalle stagioni dell’uomo ferito da scellerate violenze. Concludo con lo scrittore russo Boris Pasternak (1890-1960), anch’egli Premio Nobel per la Letteratura (1958), che indugia ad ammirare il Bosco d’autunno, titolo di una sua breve poesia, dominato da “buio, sogno e quiete”.
Ed eccomi, rapidamente, all’autunno nella pittura, non meno affollata di superbe testimonianze di illustri artisti. Tanto numerose che non sarebbe sufficiente una sola conferenza per mostrare e commentare le decine di tele, che trasferiscono compiutamente la sensazione del tempo autunnale.
Sono compatibili con le condizioni climatiche della citata stagione i magnifici e suggestivi studi di Joseph Turner (1775-1852) e John Constable (1776-1837), che in Pioggia, vapore e velocità (1844) e Nuvole (1822), danno visibilità dei fenomeni naturali, evidenziandone la grandiosità in confronto alla limitatezza dell’uomo.
Penso anche a L’Angelus (1857) di Jean-François Millet (1814-1875), mesta veduta della campagna con al centro due contadini in religioso raccoglimento. Ma, andando indietro nel tempo, incuriosisce non poco L’Autunno (1573) di Giuseppe Arcimboldo (1526-1593), singolare melange di pere, mele, fichi, melagrana, uva, zucca, grano e ricci di castagna. Non molti anni dopo il genovese Domenico Piola (1627-1703), più volte presente nella provincia spezzina, affresca nel 1687-88 le stagioni nella sale di Palazzo Rosso a Genova e nell’Autunno del pittore è protagonista Bacco, dio del vino, affiancato dalla sposa Ariana.
La mia carrellata accoglie Gustave Courbet (1819-1877) con Il bosco in autunno (1841), dipinto ricco di vegetazione, di alberi e delle consuete foglie rossicce; l’impressionista Alfred Sisley (1839-1899) con Autunno-La Senna presso Bougival (1873), luminosa e riposante veduta autunnale, che si staglia nel cielo pulito; il suo collega Claude Monet (1840-1926), che dipinge, tra l’altro, Autunno in Argenteuil (1873), amena località dove lavorava con Édouard Manet (1832-1883) e Auguste Renoir (1841-1919). Monet ci fa respirare aria autunnale nell’esuberante cromatismo della tela Il sentiero delle rose. Giardino di Giverny (1920-22), piccolo paese sulla riva della Senna, dove abitò e morì, e con I pioppi (1891), tema più volte raffigurato tra luce soffusa e foschia autunnale; Paul Gauguin (1848-1903) con la Donna bretone con una brocca, ideale tavolozza autunnale che documenta un anno, il 1888, che censisce i duri contrasti con l’amico Van Gogh. Tre anni dopo Gauguin partirà per Tahiti.
Vincent Van Gogh (1853-1890), che per vari motivi convive spesso con l’uggiosità tipica di molte giornate autunnali, nella tela Paesaggio d’autunno (1885) trasferisce l’atmosfera della stagione tramite verdi, gialli, grigi e un azzurro incontaminato con cui celebra l’infinità del cielo, mentre una figura sembra spegnersi in lontananza. L’analogo cielo rabbuiato incombe nella veduta tipicamente autunnale di Giuseppe de Nittis (1846-1884), impressionista barlettano in quel di Parigi, La traversata dell’Appennino (1867), riferimento tangibile della tela di Telemaco Signorini (1835-1901), intitolata Novembre (1870), che il pittore macchiaiolo incornicia in una giornata piovosa dalla luce fosca. Non sfugge l’accentuazione intimistica appartenente anche all’esperienza pittorica di Antonio Fontanesi (1818-1882), che in vari dipinti, tra cui Radura (1860-65), interpreta non senza un tocco poetico, la vena malinconica, solitamente associata all’autunno.
È, invece, inimitabile la raffinatezza che si incontra nell’opera del cecoslovacco Alphonse Mucha (1860-1939), illustre esponente dell’Art Nouveau. Il suo Autunno (1896) è rappresentato da una elegante figura femminile, che indossa una leggera veste ed è contornata da viti e grappoli d’uva.
Prima ancora dell’esuberante stagione astratta Vassily Kandinskij (1866-1944) è interessato alla pittura di paesaggio. Ne sono esempi Autunno in Baviera (1908 ) dal marcato impianto fauve e Fiume d’autunno. In entrambi non manca il tipico colore rosseggiante, che nel provocatorio Egon Schiele (1890-1918) diventa una reale metafora della vita. “Spesso piangevo – scrive il pittore austriaco – quand’era autunno con occhi semichiusi”. Il suo Albero d’autunno (1912) si propone come simbolo dell’avventura della vita. Il vento si abbatte sui fragili rami di un albero dal tronco esile. Come molte persone si sente abbandonato. Ecco perché Schiele piangeva.
Molti anni dopo approderà oltre la lezione astratta di Kandinskij il pittore americano Cy Twombly (1928-2011), assiduo frequentatore di Roma dove morirà, che con i suoi dinamici e colorati grovigli, ritmati musicalmente interpreta le Quattro stagioni, incluso l’Autunno” (1993-95.)
Non passano certamente inosservati dipinti di validissimi pittori italiani del Novecento. Penso al lombardo Arturo Tosi (1871-1956) che in Campagna autunnale (1923), ma non solo, esprime sentimenti non vagamente nostalgici; a Carlo Carrà (1881-1966), con alle spalle il periodo futurista e l’esperienza metafisica che dipinge tele emotivamente ricche. Così è Autunno in Toscana (1927) ed ancora di più Il barcaiolo (1930), straordinario dialogo muto fra una persona e la sua barca.
La temperatura meditativa appartiene, eccome, alle Periferie e ai Paesaggi urbani di Mario Sironi (1885-1961), avvolti nel silenzio e, soprattutto, in un’inquietudine che ha il sapore dell’autunno, non differentemente dalle dimesse vedute fiorentine di Ottone Rosai (1895-1957) e dallo splendido dipinto di Felice Casorati (1886-1963), intitolato L’attesa. La donna assopita, forse stanca, la tavola coperta dalla tovaglia bianca su cui sono disposte alcune ciotole, una bottiglia e un brico fissano l’idea del silenzio, proprio dell’autunno. Un emozionante immobilismo è impresso nella magnifica tela.
Accosto, infine, all’autunno non pochi Paesaggi e Nature morte del pittore Giorgio Morandi (1890-1964). Pochi, sceltissimi colori esprimono la sensazione di una calma che si traduce in abbandono esistenziale.
Valerio P.Cremolini