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PICCOLA ANTOLOGICA personale del pittore Aldo MICHI


Per Aldo Michi

Da tempo e periodicamente ho rimuginato una mostra per Aldo Michi come atto di giustizia, e questo per varie ragioni.

Prima di tutto per il pittore che dall’alto dei suoi lucidi ottantun anni può vantare e raccontare la partecipazione a rassegne di prestigio ormai consegnate alle storie locali: una per tutte la Mostra del Golfo. Poi perché la persona, perennemente defilata, non si è mai prodigata in promozioni per l’artista, al pari di scrittori, poeti e pittori che riluttanti a menare cimbali e grancasse sono rimasti sullo sfondo sebbene più muniti di estro di tanti specialisti in roboanti fuochi d’artificio.

Infine per un’altra ragione: l’amicizia iniziata in una stagione da entrambi rievocata con nostalgia.

Entrai nel mio primo e vero studio nel 1972 sovraccarico di energia operativa e di bei propositi. Era un vecchio capannone in via Campitelli, stradina che staccandosi da viale San Bartolomeo finiva, all’epoca, nel verde dell’entroterra del Canaletto e che oggi, invece, si innesta in via Carducci. Ebbene, a pochi metri si ergeva il laboratorio di Aldo presto collegato al mio da un ideale ponte periodicamente percorso per il bisogno di uno di chiedere un giudizio all’altro ben consci, entrambi, di quella antica maledizione per cui ad un artista è dato di leggere il lavoro altrui ma non il proprio.

Michi era capace di stare lontano dai pennelli per mesi ed anni – in questi periodi lo studio tornava ad essere la bottega del falegname dalle mani impareggiabili qual era – e poi d’un tratto, come morso da una tarantola, sfogava una furia creativa intrattenibile e, lavorando dall’alba alla sera per settimane, sgravava un’impressionante mole di dipinti quasi a pareggiare in breve tempo quanto avrebbe fatto se fosse stato artista metodico e costante e se non avesse avuto la comune necessità del reddito garantito. E in tanto lavoro emergevano due Michi: quello dai solidi fondamenti assimilati in anni di studio presso Navarrino Navarrini, maestro storico dell’arte locale, e quello schiettamente eclettico. Pittori falsamente eclettici ne ho conosciuti più d’uno, pittori che ostentavano rinnovamenti cambiando furbescamente solo l’oggetto di elaborazione e non certo il linguaggio, permanendo invischiati nella ripetizione ad oltranza di quello che dicevano stile e che in realtà si chiamava maniera. Aldo invece cambiava concretamente pennellata, toni, struttura, luce e figurazione per ogni argomento trattato. Così, ai nudi una stesura liquida e tersa; alle composizioni di violini amalgami di carte trattate con geometrie incisive e vibranti; agli inserimenti dei fossili – la passione di una vita – dialoghi ritmicamente decorativi su toni pacati; ai paesaggi macchie evocatrici per evanescenti crepuscoli estivi; alle rappresentazioni di macchine belliche e cimiteri d’auto cruda e disincantata parsimonia cromatica; squillante perorazione cromatica, al contrario, alle feste di città umbre; al tema della foglia densa e tagliente contrapposizione di segni e campiture; al tema dei gabbiani pastosi contrasti tra azzurri e toni caldi; al tema della musica una figurazione, al limite del solarizzato, in cui lo strumento forza all’anonimato l’esecutore.

Mostra dovuta.

Fabrizio Mismas

settembre 2017

Presentazione inserita nel depliant della mostra “Aldo Michi, piccola antologica”, U.C.A.I. via don Minzoni 62 La Spezia, 18-30 novembre 2017

pittore ALDO MICHI

pittore ALDO MICHI prof. FABRIZIO MISMAS

pittore ALDO MICHI prof. FABRIZIO MISMAS critico d'arte VALERIO CREMOLINI

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