SPUNTI Matteo GRIMOLDI
Con piacere ho accettato l'incarico di presentare questa mostra, che conclude l'anno sociale dell'Ucai e che rappresenta, invece, per il nostro nuovo socio Matteo Grimoldi, un punto di partenza: perchè, per la prima volta, espone nella sua città e, per la prima volta, in una personale.
Grimoldi, infatti, pur avendo un solido curriculum come pittore, fotografo, disegnatore e un diploma all' Accademia di Belle Arti di Carrara, per scelta e per vocazione non ha voluto imbrigliare la sua multiforme creatività in percorsi univoci, né in spazi espositivi convenzionali.
Ha scelto l' Ucai, perchè qui istintivamente si sente a suo agio, e riconosce nella nostra associazione quella genuina passione per l' arte che è alla base di un' autentica ricerca e crescita personale.
Matteo si definisce un artista concettuale e questo tipo di espressione artistica è, più di altre, direttamente collegata a chi ne fruisce. Tipico dei suoi dipinti, che assumono sovente le caratteristiche di istallazioni, è il senso di perenne provvisorietà: lo spettatore si trova di fronte a una sfida che l' artista gli pone, sia con i paesaggi (work in progress dal dipinto, passando per la foto, sino a un nuovo dipinto), che con gli astratti e, segnatamente, i monocromi.
Questo è il mood della mostra: nelle immagini (volutamente senza titolo e senza cornice) , che all'improvviso sbocciano dal nulla ( il riferimento al mondo vegetale è uno di quelli possibili ) e si fondono con la realtà che li circonda, l' artista lascia spazio all' interpretazione dello spettatore, senza alcun vincolo.
Nel vasto universo delle arti visive, la pittura di Grimoldi, tra persistenza e dissolvimento delle impronte del mondo fenomenico rappresentato, sembra collocarsi in un suo spazio autonomo, nel quale conta poco l'appartenenza a questa o quella tendenza.
Il suo linguaggio ha scartato il problema dell' immagine in sè e ha centrato il proprio bersaglio nel rapporto puro e semplice (che semplice non è mai) con il mondo e con noi che ne facciamo parte.
La tecnica privilegiata è quella a olio, ma ama molto anche le contaminazioni: tecniche miste ottenute con materiali improbabili, quali i normali detersivi che abbiamo in casa. I risultati sono spesso sorprendenti, come si può notare anche in questa volutamente “povera” esposizione: poche opere che possano adeguatamente emergere dal contesto e coinvolgere lo spettatore in un gioco di specchi.
Non c'è compiacimento però in questo gioco, ma un genuino desiderio di empatia da parte dell'artista: un creativo nel senso migliore del termine, che è tutt'altro rispetto all'egocentrismo che spesso caratterizza chi si definisce tale.
Gabriella Mignani